Radiofrequenza

Radiofrequenza

Le radiofrequenze (RF) sono onde elettromagnetiche a frequenza elevata (circa 480 Khz); applicate ai tessuti  attraverso una sonda con termocoppia le RF continue possono provocare un riscaldamento fino a temperature prossime ai 90° e quindi  una lesione tissutale. L’esposizione a temperature intermedie può essere un tentativo di reversibilità del danno e di parziale selettività nei confronti delle piccole fibre (più sensibili al calore).

La storia dell’utilizzo delle radiofrequenze nel trattamento del dolore ha inizio nel 1964 quando Rosomoff e Mullan utilizzano la radiofrequenza continua per l’esecuzione della cordotomia percutanea. Successivamente Sweet e Wepsic impiegano la tecnica per l’esecuzione della termorizotomia trigeminale e pressappoco negli stessi anni  Shealy la utilizza per la termorizotomia della branca mediale (per il trattamento della sindrome faccettaria)  ed Uematsu  (1974) e Slujiter (1980)  per la termorizotomia spinale. Si deve attendere metà degli anni ’90 perché Slujiter-Cosman producano una reale innovazione nell’impiego delle radiofrequenze per il trattamento del dolore: la radiofrequenza pulsata (PRF).

In Terapia Antalgica è stata consuetudine riferirsi alle tecniche a RF (continua) come  a procedure percutanee mirate ad effettuare neurolesioni a livello del sistema somatosensoriale, sia centrale che periferico. Attualmente si distingue però una RF continua (CRF) (neurolesiva) da una RF pulsata (neuromodulativa). Mentre gli  impieghi della radiofrequenza continua neurolesiva si sono andati riducendo ed attualmente sono limitate a poche ma importanti indicazioni (soprattutto termorizotomia trigeminale e cordotomia percutanea), quelli della radiofrequenza pulsata si vanno estendendo e rappresentano uno stimolante campo di sviluppo della ricerca e della applicazione clinica in Medicina del Dolore. In cosa la PRF si differenzia dalla CRF? La RF classica (CRF) pone il suo principio di azione nella lesione termica distruttiva delle fibre nervose che conducono l’input nocicettivo; la PRF al contrario non si basa sull’innalzamento della temperatura tissutale ma sugli effetti causati dal campo elettrico e magnetico generato dalla radiofrequenza. Di  fatto consiste nella erogazione di “burst” di onde radio con frequenza di 500 kHz  applicata per 2 cicli/sec  con una durata di 20 msec ciascuno (fig. 1). Questo fa sì che la temperatura del tessuto circostante non superi mai i 42°, e quindi non arrivi mai ad essere neurolesiva.  Produce perciò analgesia senza realizzare un danno nervoso per cui può essere utilizzata su nervi periferici, gangli delle radici dorsali. Dopo applicazione di una PRF su strutture nervose non si assiste ad una perdita di sensibilità e la durata del pain–relief può arrivare fino ad alcuni mesi, con migliori risultati sul dolore nocicettivo e misto mentre l’effetto su dolore esclusivamente neuropatico è incostante.

Il meccanismo di azione delle PRF può essere ricondotto ad una alterata funzione di fibra neuronale e cellulare gangliare che sembra inoltre più evidente per le piccole fibre mieliniche o mieliniche di piccolo diametro che sono le più esposte alla RF (le C, che insieme alle A-delta sono quelle coinvolte nella trasmissione dolorosa). Probabilmente le PRF provocano attraverso il campo elettrico generato modifiche a livello intracellulare ultrastrutturale (mitocondriale, microtubuli) che alterano reversibilmente la funzionalità neuronale.

Impieghi clinici della radiofrequenza pulsata                 

Come già esposto, l’applicazione della PRF è proponibile sia in presenza di un dolore nocicettivo che di una componente neuropatica. I campi di utilizzo sono perciò molto estesi, ovvero in tutte quelle sindromi dolorose dove sia identificabile un “bersaglio” costituito da un ramo nervoso che sia aggredibile per via percutanea (cioè attraverso il semplice posizionamento di un ago)

Strutture bersaglio della PRF (nervo periferico)

– Nervo Grande Occipitale
– Ramo mediale del nervo spinale (sindrome  delle faccette articolari in lombalgie o cervicoalgie persistenti)
– Nervo Sovrascapolare, nervo  Pudendo,  Nervo mediano (per Sindrome del tunnel carpale)
– Nervi SPE e SPI (nelle vasculopatie)

Applicazioni cliniche della PRF (strutture gangliari)

– Radicolopatie da compressione (causate da ernia discale, artrosi vertebrale, stenosi del canale spinale). In questo caso il trattamento viene applicato sul nervo attraverso un catetere da Epidurolisi in grado di eseguire non solo la somministrazione di farmaci ma anche l’applicazione della radiofrequenza. Per la descrizione della tecnica consultate la pagina “Epidurolisi“.
– Nevralgie post-herpetiche

Nervo Sovrascapolare:   

Il nervo sovrascapolare nasce dal tronco superiore del plesso brachiale originato da C5 e C6 provvede alla innervazione sensoriale di circa il 70% della spalla , oltre che essere motorio per sovraspinato e sottospinato. Il trattamento in PRF può essere di aiuto nel controllo del dolore determinato da flogosi acute e croniche in artrosi glenoomerale e articolazione acromioclaveare, spalla congelata,  sofferenze croniche della cuffia dei rotatori e sindromi da conflitto subacromiale sia post-traumatiche che ad esempio come sequele di emiplegia. L’accesso percutaneo al nervo è semplice, sia utilizzando reperi di superficie sia, più attualmente, con il supporto della guida ecografica.

Una volta posizionato l’ago elettrodo in stretta vicinanza del nervo (fig.2) si eseguono test di stimolazione del nervo stesso sia sensitivi che motori per verificare la corretta posizione dell’ago e quindi si procede alla applicazione della radiofrequenza pulsata per una dose standard (la “dose” è identificata dal numero di “pulse” che vengono erogati al nervo periferico)

Viene così definita una cefalea generalmente unilaterale che dalla regione occipito-cervicale si proietta ed irradia fino alla sede parieto-fronto-orbitaria. Secondo la definizione ICHD 2004 è “cefalea secondaria riferibile a strutture del rachide cervicale e capsuloligamentose del  collo”. Il trattamento con PRF viene effettuato a livello del nervo grande occipitale, reperibile circa 2 cm lateramente ed inferiormente all’inion e medialmente alla arteria occipitale (punto di repere quando si usi  una tecnica eco guidata). Anche in questo caso dopo test di stimolazione  si procede alla applicazione della PRF (vedi fig.3)   Sindromi radicolari vertebrali (cervicali-dorsali-lombosacrali):

Il trattamento del dolore radicolare, come per esempio nelle lombosciatalgie persistenti o nelle nevralgie post-herpetiche, è tecnicamente più complesso rispetto alle applicazioni precedenti e prevede l’utilizzo sia di aghi per radiofrequenza identici a quelli utilizzati per le precedenti applicazioni su nervi periferici che l’utilizzo di particolari cateteri-elettrodo (come per esempio il catetere di Pasha), spesso dotati anche di una porta di iniezione per i farmaci.

Un catetere di questo tipo può essere posizionato a livello dei gangli della radice nervosa attraverso un accesso percutaneo epidurale, sia per via interlaminare (cioè sfruttando lo spazio fra una vertebra e l’altra, come nel comune accesso per anestesia epidurale) che per via sacrale, accedendo attraverso lo hiatus sacralis e facendo risalire il catetere fino al livello desiderato sotto controllo radiologico. Una volta raggiunta la posizione che si ritiene adeguata per il trattamento si esegue anche in questo caso un  test di stimolazione, che deve evocare parestesie nell’area corrispondente al dolore del paziente senza evocare risposta motoria e confermare così la posizione prossima al ganglio sensitivo della radice, dopodiché viene applicata la radiofrequenza pulsata al ganglio.

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