Dolore neuropatico

Con il termine dolore neuropatico si intende un dolore anormale, patologico, dovuto ad un danno (di origine traumatica o infiammatoria) dei nervi periferici, delle radice nervose, del midollo spinale o delle strutture ancora superiori fino alla corteccia.

Il meccanismo che permette l’instaurarsi ed il mantenimento di questo tipo di dolore è molto complesso e ancora non del tutto chiaro.

Il dolore neuropatico si può presentare in corso di neuropatia diabetica, radicolopatia, nevralgia post erpetica, neuropatia correlata ad HIV, dolore neuropatico post chirurgico, nevralgia del trigemino, nevralgia del nervo grande occipitale, etc.

Sintomi tipici sono:

  • dolore spontaneo bruciante, intermittente, lancinante, parossistico
  • parestesie (formicolii)
  • disestesie (vari stimoli provocano reazioni diverse dal normale, quali formicolii, bruciore, fastidio)
  • dolore provocato caratterizzato da segni positivi quali iperalgesia (risposta dolorosa sproporzionata a stimoli dolorosi) e allodinia (risposta dolorosa a stimola non dolorosi), e segni negativi con ipoestesia (ridotta sensibilità) e anestesia (assenza di sensibilità).

Gli analgesici classici sono quasi sempre scarsamenti efficaci, per cui vengono impiegati farmaci di categorie diverse, come antidepressivi, anticonvulsivi, anestetici locali e tecniche di neuromodulazione elettrica o procedure neurolesive.

Essendo tante le patologie che condividono la presenza di dolore neuropatico e diversi i meccanismi che portano al suo instaurarsi, è opportuno valutare attentamente caso per caso la corretta indicazione terapeutica.

CRPS (Complex Regional Pain Syndrome) o Algodistrofia

Con il Termine CRPS (Complex Regional Pain Syndrome- Sindrome Dolorosa Regionale Complessa)  o Algodistrofia o Distrofia Simpatico-Riflessa (DSR) viene definito un quadro di dolore persistente localizzato prevalentemente, ma non esclusivamente, a livello di un arto. L’evento scatenante della algodistrofia è nel 50-75% dei casi un trauma, di qualsiasi entità o natura (anche chirurgico), dall’immobilizzazione conseguente e, in misura minore, secondaria a patologie ischemiche cerebrali o cardiache, a neoplasie e in rari casi ad alcune malattie infettive. Non è infrequente comunque osservare casi spontanei di CRPS  senza che sia possibile ricondurla ad un evento scatenante nella sede colpita (CRPS tipo 1). Le regione più colpite sono la mano e la spalla nell’arto superiore e il piede e ginocchio nell’arto inferiore.
Il dolore, considerato il sintomo cardine di questa malattia, fa parte di uno vasto spettro di manifestazioni cliniche che possono essere raggruppate in 3 gruppi principali:

  1. Alterata sensibilità: iperalgesia (aumentata sensibilità al dolore)  e allodinia (percezione di stimoli normalmente non dolorosi come dolorosi)
  2. Alterazioni vasomotorie e sudomotorie: edema, asimmetria di colorito e temperatura o sudorazione
  3. Alterazioni motorie e trofiche: osteopenia o osteoporosi localizzata, limitazione del movimento articolare dell’arto colpito, ipotonia e ipotrofia muscolare, tremori e distonie, alterazione degli annessi cutanei (unghie e peli)
i sintomi principali della Algodistrofia

I criteri  diagnostici per l’algodistrofia proposti  sono molto sensibili, quindi raramente viene mancata una diagnosi, ma poco specifici con conseguente rischio di sovra diagnosi (cioè di diagnosticare come CRPS quadri dolorosi che in realtà non lo sono). in base a tali criteri possiamo distinguere una CRPS di tipo 1 (algodistrofia) , dove non si riconosce una lesione delle strutture nervose come causa del dolore che è spesso provocato da traumi minimi, una CRPS tipo 2 (Causalgia) dove invece è identificabile una lesione nervosa. Alcune presentazioni di CRPS però non rientrano chiaramente nè nel tipo 1 nè nel tipo 2 ed è stato così proposto un terzo tipo di CRPS (tipo 3 – NOS not otherwise specified)..La difficoltà di classificare l’ algodistrofia e la presenza di manifestazioni cliniche del tutto aspecifiche che si possono presentare in quadri clinici eterogenei, possono facilmente indurre ad un errore o ad un ritardo diagnostico.

POSSIBILI Meccanismi patogenetici.

Nonostante il recente fervore scientifico, tuttavia le cause non sono state del tutto chiarite, ma si sta facendo sempre più consistente l’ipotesi che questa sindrome sia il risultato dell’interazione di più meccanismi patogenetici, che danno ragione della variabilità di manifestazioni cliniche tipica di questa malattia:

  • Flogosi neurogena sostenuta da neuropeptidi e citochine proinfiammatorie
  • Disfunzione del sistema nervoso simpatico e sensitivizzazione centrale con cronicizzazione del dolore e alterata percezione del dolore
  • Danno e/o disfunzione del microcircolo che causa ipossia locale
  • Acidosi conseguente all’ipossia potrebbe essere correlata all’osteoporosi localizzata per meccanismo extra osteoclastico, causando l’idrolisi delle idrossiapatiti rendendo ragione della rapidità di onset.
  • Disuso di protezione che può causare sindrome neurologica tipo neglect
  • Processo di guarigione aberrante
Diagnosi e strumenti diagnostici.

Il rischio di sovra diagnosi è sempre da tenere in considerazione. Una anamnesi dettagliata e un attento esame obiettivo sono il principale strumento a nostra disposizione per formulare il dubbio diagnostico di algodistrofia. A questo scopo i criteri IASP sono un valido supporto che chiunque si occupi di questa patologia dovrebbe tenere presente. Solo dopo aver formulato il dubbio diagnostico possono essere eseguiti le indagini laboratoristiche e strumentali necessarie a confermare la diagnosi o a escludere le patologie che rientrano nella diagnostica differenziale.

Non esistono test specifici in grado di confermare la diagnosi di algodistrofia o CRPS-1. Tuttavia, la diagnosi differenziale include altre forme di neuropatie oltre ad una serie di malattie metaboliche e sistemiche, vascolari e reumatologiche. Inoltre entrano in diagnostica differenziali anche patologie gravi e neoplasie per cui, nonostante il quadro clinico possa essere classico, è comunque indicato richiedere gli accertamenti.

  • Esami di laboratorio: emocromo, VES, proteina C reattiva, anticorpi antinucleo, fattore reumatoide, complementemia, protidogramma e immunoelettroforesi, metabolismo osseo e assetto metabolico.
  • EMG/ENG: fondamentale per valutare la neuroanatomia/fisiologia che sottende i sintomi
  • RX: nelle fasi più avanzate permette la visualizzazione della demineralizzazione ossea e di eventuali fratture o cedimenti ossei.
  • Scintigrafia ossea trifasica: presenta il vantaggio rispetto alla RX di risultare positiva anche in fasi precoci di malattia.
  • RM: in grado di valutare sia le strutture articolari, l’edema osseo e i tessuti molli. E’ molto sensibile in fase precoce ma poco specifica.
  • Ecocolordoppler vascolare: da tenere in considerazione per la diagnostica differenziale
  • QST (quantitative sensory test): utile per discriminare la soggettività del paziente nel testare iperalgesia e allodinia. Test ripetibile e di basso costo che può essere usato anche come monitoraggio della risposta alla terapia.
  • AFT (autonomic function tests): quali la flussimetria laser doppler o la misurazione infrarossa della temperatura. Come per il QST possono essere usati per il monitoraggio.
  • Raramente risulta necessario eseguire le biopsie cutanee, muscolari o dei nervi periferici, che devono essere riservate solo a casi ben specifici.
Terapia.

A causa della mancanza di criteri classificativi univoci e delle ancora scarse conoscenze dei meccanismi fisiopatologici che sottendono questa malattia, gli studi scientifici in grado di dimostrare l’efficacia di una terapia sono difficili e i dati derivanti sono spesso non confrontabili, per cui esistono pochi dati di terapia basati sull’evidenza.

  • Corticosteroidi. La loro efficacia è stata dimostrata specie nelle fasi precoci di malattia, quando la flogosi è evidente. Le recenti scoperte sui meccanismi di mantenimento della flogosi neurogena hanno ridato importanza a questi farmaci.
  • Bisfosfonati. Nonostante il meccanismo di azione non sia completamente noto, l’efficacia dei bisfosfonati è stata dimostrata in diversi studi, in particolare, neridronato ha ottenuto l’indicazione da parte dell’agenzia del farmaco per la SA/CRPS-1 in fase acuta precoce.
  • Calcitonina. La somministrazione di calcitonina per via intranasale è risultata efficace nella ridurre il dolore
  • Oppioidi. Gli oppioidi sono gli analgesici di scelta per il dolore della SA/CRPS-1 ma devono essere parte integrante di una terapia del dolore combinata.
  • FANS. Non esistono dati di letteratura certi, ma possono essere indicati nel dolore lieve moderato o coadiuvare la terapia con analgesici, specie in caso di episodi di breakthrough pain
  • TCA, SSRI e SNRI. Gli antidepressivi triciclici, gli inibitori selettivi del reuptake della serotonina e quelli della serotonina noradrenalina sono farmaci che trovano indicazione nel dolore neuropatico per cui possono essere usati in combinazione con altri analgesici.
  • Bloccanti del canale del sodio. La lidocaina si è dimostrata efficace nelle formulazioni sia endovenose che transdermiche nel ridurre il dolore nella sede di applicazione. Può trovare applicazione anche durante la riabilitazione per permettere l’intervento riabilitativo stesso quando il dolore ne impedirebbe lo svolgimento.
  • GABA agonisti. Il baclofen trova indicazione sia nel trattamento delle spasticità che delle neuropatie.

Altre opzioni farmacologiche che hanno trovato indicazione nel trattamento della SA/CRPS-1 sono le infusioni di ketamina, fentolamina, betabloccanti, clonidina e immunoglobuline endovena.
Segnaliamo infine che le tra le opzioni terapeutiche sono state riportate, con risultati alterni, l’utilizzo di tecniche di radiofrequenza,  gli interventi sul sistema nervoso simpatico (con anestetico o lesioni del simpatico) e la neurostimolazione midollare.

Il trattamento riabilitativo è un aspetto fondamentale del programma terapeutico e deve essere iniziato il più precocemente possibile. Il protocollo riabilitativo deve essere ritagliato sul paziente e sulla fase di malattia, adattandolo tempestivamente all’esigenza, alla tollerabilità e al variare delle manifestazioni cliniche.. Pertanto, risulta fondamentale la stretta collaborazione tra medico e fisioterapista per la formulazione della corretta strategia terapeutica e riabilitativa. I trattamenti devono essere complementari e sequenziali per ottenere il maggior beneficio possibile, accompagnando il paziente durante tutto il decorso di malattia. Altrettanto importante può essere nei quadri di dolore persistente la presenza di un adeguato supporto psicologico.

Specialmente negli anziani è abbastanza frequente la comparsa improvvisa di un intenso bruciore lungo una striscia del torace o dell’addome oppure in una parte del viso (la fronte, l’orbita o la tempia). Il dolore si accompagna alla comparsa di un arrossamento della pelle con piccole bolle prima contenenti liquido e quindi pus. Questa malattia, conosciuta nella cultura popolare come “Fuoco di Sant’Antonio”, in medicina viene denominata come “Herpes Zoster”.

Per leggere di più andate alla pagina Nevralgia Post-Herpetica

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